Si può analizzare un incidente che non è ancora accaduto? Dai near-miss ai knowledge graph
La sicurezza industriale è stata costruita sui morti.
Una frase cruenta ma capace di esprimere un concetto che ha plasmato la storia della gestione della sicurezza e ne ha tristemente consentito il progresso. Una tecnologia si afferma e trova le sue applicazioni più opportune solo quando riusciamo a conoscerene alla perfezione i punti di forza, ma anche e soprattutto, le sue limitazioni. Spesso, però, tale consapevolezza si acquisisce a valle del verificarsi di un incidente.
Si pensi all’incidente di Seveso, la cui risonanza a livello nazionale ed europeo portò allo sviluppo dell’omonima Direttiva “Seveso” volta alla prevenzione e al controllo dei rischi legati all’utilizzo di sostanze pericolose in ambito industriale. Concetto espresso, ad esempio, nella prescrizione della Direttiva che richiede agli stabilimenti classificati come pericolosi, la redazione e la raccolta di report riguardanti i cosiddetti “quasi incidenti”, ovvero eventi con la potenzialità di generare un incidente che, per qualche motivo, non hanno condotto ad un epilogo disastroso. Tale documentazione è quindi gestita dagli enti addetti al controllo degli stabilimenti Seveso, come l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (INAIL). È proprio da questi report che nasce il lavoro di ricerca di Francesco Simone e del Prof. Riccardo Patriarca, del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale di ICI, in collaborazione con la Dott.ssa Silvia Maria Ansaldi e la Dott.ssa Patrizia Agnello, ricercatrici dell’INAIL. L’articolo si fonda sull’idea che questi documenti contengano informazioni utili a garantire un ambiente industriale più sicuro, e che abbiano un contenuto informativo di importanza paragonabile a quello ottenibile a valle dello studio di un incidente rilevante. La sfida principale, quindi, consiste nel gestire queste informazioni “nascoste” all’interno di numerosissimi documenti di testo, i cui dati hanno provenienza varia, non sono standardizzati, e sembrano – apparentemente – sconnessi tra loro. I ricercatori presentano una metodologia basata sull’ utilizzo di un knowledge graph, ossia un grafo della conoscenza: una struttura analitica che modella le informazioni contenute in questi documenti utilizzando le regole semantiche di una ontologia. Il grafo permette un’analisi dettagliata dell’intera base dati, attraverso la definizione di “percorsi” critici e combinazioni di variabili particolari. In tal senso, le possibilità di analisi divengono quasi illimitate, e abilitano il decisore ad estrarre delle informazioni prioritarie in differenti scenari operativi.
La ricerca promuove una gestione della sicurezza proattiva, che complementi l’analisi postuma delle cause di incidenti rilevanti, con uno studio data-driven di numerosi eventi minori per permettere, sul lungo termine, un mondo del lavoro più sicuro.
Link: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0166361522002457?via%3Dihub