Dove sono le immagini satellitari? Mettiamole al posto giusto!
Abbiamo tutti imparato a guardare e ad apprezzare le immagini satellitari ad alta risoluzione, ci permettono di capire come sono fatti luoghi che conosciamo ma anche di scoprire luoghi che non abbiamo mai visto. Negli ultimi anni, oltre alle classiche immagini nel visibile, si stanno diffondendo le immagini iperspettrali che permettono di “vedere” anche caratteristiche che da terra non potremmo vedere: la propensione alla desertificazione di un’area, le differenti temperature del suolo o il contenuto di minerali pericolosi per la salute dell’uomo nelle coperture degli edifici, solo per citarne alcune. L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ha lanciato un satellite sperimentale iperspettrale con risoluzioni fino a cinque metri (PRISMA) e ha deciso di rendere l’accesso alle immagini stesse aperto alla comunità scientifica. Pur essendo sperimentale il satellite sta dando già interessanti risultati. Il Professor Valerio Baiocchi e la dottoressa Felicia Monti di DICEA ICI hanno studiato un aspetto molto importante, il cosiddetto “orientamento dell’immagine” che consiste nel posizionare l’immagine e di eliminarne le deformazioni dovute al processo ottico-geometrico di acquisizione. E’ infatti importante tenere a mente che se un’immagine ha una risoluzione di 5 metri (cioè i “pixel” che la compongono hanno dimensione 5x5 metri) non è automaticamente detto che la sua posizione abbia un’accuratezza di 5 metri ma più spesso essa può essere incerta anche di centinaia di metri come nel caso delle immagini PRISMA.
Normalmente per orientarle, potremmo dire per “rimetterle a posto”, si utilizzano gli algoritmi fotogrammetricamente rigorosi oppure basati sui polinomi razionali con o senza coefficienti forniti dal gestore del satellite. In questo sono stati sperimentati i vari approcci riscontrando alcuni problemi con le immagini PRISMA su alcuni di loro ma riuscendo a trovare una procedura che garantisce un’accuratezza finale di circa 5 metri, assolutamente soddisfacente considerato che si raggiunge proprio la risoluzione dell’immagine. La metodologia proposta può essere impostata in ambienti open e quindi non necessita di software commerciali rendendo le ricerche su queste immagini disponibili ai ricercatori di tutto il mondo.
Maggiori info: https://www.mdpi.com/2072-4292/14/9/1991